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Richard Branson: dislessia e successo esistono insieme

Dislessia e difficoltà > Racconti di vita e dislessia

Entrepreneur.com pubblica diversi articoli su Richard Branson. Nell'intervista che segue Richard parla della sua dislessia e di come abbia influito nel suo modo di essere manager e di come abbia determinato la comunicazione nelle sue aziende.

Ho evidenziate alcune parti dell'intervista ma l'intera intervista andrebbe scritta a caratteri cubitali ed essere posta in molti luoghi, visibile a docenti, famiglie, specialisti ma soprattutto a tutte le persone che hanno caratteristiche simili a quelle di Richard.

Fate un regalo ai vostri figli, dedicategli un pò di tempo per guardare insieme questa intervista.


Richard racconta di sè:

Quando qualcosa va storto o ti trovi in svantaggio, spesso il modo migliore per far fronte alla cosa è trasformare il negativo in positivo.

L’ho imparato presto lottando con la dislessia, un disturbo dell’apprendimento che colpisce la comprensione della lettura.
Ho lasciato la scuola a 16 anni, in parte a causa della dislessia.

Non riuscivo sempre a seguire quello che succedeva, perciò non trovavo interessanti le lezioni e comincivo ad essere distratto.

I miei insegnanti pensavano che fossi solo pigro perché allora la gente non capiva molto della dislessia come, invece, accade oggi.
In uno dei miei ultimi giorni di scuola il preside mi disse che sarei finito in prigione oppure sarei diventato un milionario. Quella fu una predizione davvero impressionante, ma per certi aspetti aveva ragione su entrambi i punti!

Quello che era sicuramente vero era che sembrava che io pensassi in modo diverso dai miei compagni di classe, e lo avevo fatto fin da piccolo.

Durante gli anni della mia adolescenza ero molto concentrato nel cercare di mettere in piedi un business e creare qualcosa. Nel lasciare la scuola dedicai le mie energie a trasformare la rivista Student in una pubblicazione nazionale e in un’impresa redditizia.

Negli anni, il mio diverso modo di pensare mi ha aiutato a costruire il Virgin Group e ha contribuito fortemente al nostro grande successo. La mia dislessia ci ha indicato il modo per comunicare con i clienti. Quando avviavamo una nuova compagnia, mi assicuravo che mi fossero mostrati gli annunci e i materiali del marketing. Chiedevo a chi presentava la campagna di leggere ogni cosa ad alta voce, in modo da testare la formulazione e l’intera idea. Se fossi riuscito a coglierla velocemente, allora era accettabile — saremmo riusciti a far arrivare il messaggio solo se fosse stato comprensibile alla prima occhiata.

Ancora oggi controllo le nostre campagne, perciò abbiamo continuato ad usare un linguaggio ordinario anziché un gergo aziendale. La nostra banca, Virgin Money, non parla di “servizi finanziari” o di “servizi alle imprese principali”; piuttosto, parliamo di costruire una banca migliore per tutti. Quest’enfasi sulla semplicità e la chiarezza si estende anche ai valori del nostro brand: le compagnie Virgin significano buon valore, qualità, innovazione, divertimento e un grande customer service.
Quando incontravamo delle sfide, il mio team ed io trovavamo il modo di aggirale. Per molti anni ho diretto il Virgin Group senza sapere la differenza tra profitti netti e lordi — tenevamo degli strani consigli di amministrazione!

Nonostante questi problemi, eravamo tutti capaci di lavorare insieme senza difficoltà perché io avevo imparato l’arte di delegare fin dall’adolescenza. Non è un’abilita che alcuni ottengono facilmente, ma quando sei dislessico devi avere fiducia che gli altri eseguano i compiti al posto tuo, in quei casi che hanno a che vedere con il leggere e lo scrivere, e perciò impari a lasciar andare.

Come imprenditore, ho imparato che circondarmi di persone migliori di me in compiti specifici mi dava vantaggio, perché ero libero di concentrarmi sulle cose in cui ero bravo. Ingaggiavamo persone fantastiche in tutto il Virgin Group per gestire i nostri affari, il che mi dava spazio per pensare creativamente e strategicamente a nuove iniziative e avventure mentre lavoravo per aumentare gli affari.
Non ho riconosciuto pienamente di avere la dislessia finché non sono stato un giovane adulto. A quel tempo sapevo anche che le sfide possono essere la forza che guida al successo.

E infatti, uno studio del 2005 ha dimostrato che un imprenditore americano su tre è dislessico, mentre altri studi hanno mostrato che le persone con questa disabilità tendono ad eccellere nello scoprire lo schema e nel cogliere il disegno più grande. Imprenditori come Thomas Edison, Henry Ford, Ted Turner e Charles Schwab avevano tutti la dislessia.

Perciò se sei dislessico è importante che tu non ti conceda di sentirti inferiore solo perché non riesci a sillabare ogni parola nel dizionario. Varia le tue attività e i tuoi interessi così da poter scoprire i tuoi punti forti – nel mio caso, sapevo che volevo creare qualcosa per trasmettere la voce dei giovani e allora significava creare una rivista e un business per pagare i conti.

Si pensa che anche Albert Einstein fosse affetto da questo disturbo dell’apprendimento. Il famoso fisico disse una volta: “È un miracolo che la curiosità sopravviva all’educazione formale”, il che è vero in particolar modo se hai la dislessia.

Non essere accademicamente eccezionale non significa che tu non possa essere eccezionale.
Qualunque sfida personale tu debba mai superare, devi essere abbastanza coraggioso da accettare che tu sei diverso. Devi avere il coraggio di fidarti del tuo istinto ed essere pronto a chiederti ciò che le altre persone non si chiedono. Se lo fai, puoi cogliere opportunità che altri perderebbero. Credi in te stesso e usa tutto ciò che puoi – ostacoli inclusi – per spingerti lungo la strada verso il successo. Chissà cosa potresti realizzare?

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